Arancini di Sicilia: vera eccellenza italiana
Le arancine (o arancini) sono lo street food siciliano più conosciuto in Italia e nel mondo, eppure non si hanno notizie certe sulla loro origine, né si conosce il nome dello chef che le ha inventate.
I catanesi e palermitani rivendicano la creazione di queste sfere di riso fritte, avvolte in un cuore di burro e formaggio o ragù di piselli. Una storia ricca quanto il loro ripieno che risale alla dominazione araba dell’isola.
Storia degli arancini siciliani ripieni
La teoria più diffusa parte da un’analisi dei loro ingredienti e fa risalire la loro origine all’Alto Medioevo, durante l’occupazione araba (dal IX all’XI secolo d.C.) che ebbe un ruolo importante nell’influenzare la storia e i costumi, anche alimentari, della Trinacria (l’odierna Sicilia).
Agli Arabi si deve l’introduzione del riso speziato, aromatizzato allo zafferano e servito su un grande piatto posto al centro della tavola. Era accompagnato da carne e verdure e i commensali si servivano prendendo del riso con le mani e mangiandolo con il cibo di accompagnamento.
Successivamente l’emiro Ibn at-Timnah inventò il timballo di riso, e da lì la creazione di timballi monoporzione fu rapida. Il ripieno del ragù è fatto risalire alla dominazione normanna, mentre sembra che l’impanatura fosse fatta ai tempi di Federico II di Svevia, quando si cercava un modo per portare con sé il piatto durante le battute di caccia. Grazie alla panatura e alla frittura, il riso e il suo ripieno erano perfettamente trasportabili.
Anche il nome arancine può essere ricondotto all’antica cultura araba: tutte le polpette rotonde del mondo arabo prendevano il nome dal frutto a cui assomigliavano per forma e dimensioni. Il confronto con le arance era naturale in Sicilia, poiché l’isola ne è sempre stata ricca.
Un fatto che confuta questa teoria è che questo piatto non è menzionato in alcun testo scritto prima della seconda metà del XIX secolo, il che suggerisce che l’origine delle arancine sia più recente. Il primo dizionario siciliano-italiano che riporta la parola arancinu, quello di Giuseppe Biundi, è datato 1857 e descrive un riso dolce, non salato, a forma di arancia.
Dieci anni dopo Traina lo definì un piatto salato, anche se né carne né pomodoro vengono mai menzionati. Difficile dire quando questi due ingredienti siano entrati nella ricetta; si sa però che i pomodori sono stati introdotti nel sud della penisola all’inizio del XIX secolo.
Alla luce di questi fatti, il legame tra le arancine siciliane e la tradizione araba non sembra più così certo. Piuttosto, il piatto potrebbe essere nato nella seconda metà del XIX secolo come torta di riso che si è rapidamente evoluta in una specialità salata.
La sagra dell’arancina si svolge a Palermo e in altre parti della Sicilia il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, durante la quale non si consumano pane e pasta, ma si mangiano arancine, panelle e cuccìa (zuppa di grano bollito) e condite con olio extravergine olio d’oliva.
Se le origini delle arancine sono incerte, certa è la derivazione del nome: le prime arancine, ripiene di ragù e piselli, avevano la forma tonda e il colore dorato di un’arancia.
Nel tempo i ripieni si sono differenziati, e con essi anche le forme, per distinguere un ripieno dall’altro: quelli al ragù rimangono rotondi (a Catania però hanno una forma conica, per ricordare l’Etna), mentre quelli al burro , ripieni di mozzarella , prosciutto cotto e besciamella, sono ovali.
Sono questi i due gusti classici, ai quali l’inventiva e le tradizioni di varie città ne hanno aggiunti altri: a Catania ci sono quelli alla Norma con melanzane fritte, salsa di pomodoro e ricotta salata e quelli con i pistacchi della vicina Bronte; nel messinese sono presenti addirittura una trentina di varianti, tra cui il salmone siciliano.
A Palermo nel giorno di Santa Lucia se ne prepara anche una versione dolce, farcita con crema gianduia (o al cioccolato, come accade a Modica) e spolverizzata di zucchero a velo.
Nella Sicilia occidentale il riso delle arancine viene tinto con lo zafferano, mentre nella parte orientale dell’isola il colore dorato deriva dalla salsa di pomodoro leggermente più economica.